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martedì 8 marzo 2011

Provare per credere

Ci sono,a mio parere, (almeno) due modi paralleli ma non coincidenti, di decrittare il mondo e la cultura in cui viviamo.
Uno è quello da cui sto incominciando a prendere realmente le distanze, ed è quello di cui sono imbevuta e che ho preso per unico per almeno 25 anni (togliendo gli anni delle elementari e delle medie, arrivando fino a circa 3 anni fa); l'altro è quello totalmente nuovo che sto sperimentando ora, della decrescita, del decluttering, dell'attenzione all'ambiente, di tutta un'infinita serie di aspetti importanti, spesso minimi e quotidiani,che sto imparando giorno per giorno a conoscere e a maneggiare.
Una mia amica, che è stata anche mia collega per molti anni ai tempi della vendita, mi dice di guardare un video dal programma “Le Iene”
 che si riferisce alla vicenda di un importante catena di mobilifici, oggi chiusi, nella quale abbiamo lavorato insieme a lungo.
Non conosco le persone che sono sono state intervistate, certo riconosco invece le dinamiche, le prassi, gli obbiettivi. I grandi capi,al contrario,li conosco sì: riguardando a distanza quella situazione do' una data di nascita alla profonda voglia di cambiamento che oggi riconosco come tale.
Quella lunga esperienza di lavoro, nonostante non sia stata l'ultima, e nemmeno la più pesante o la più amorale, ha avuto il pregio di mettere in evidenza la mia condizione di “schiava”: remare a ciclo forzato per una barca non mia con anni e anni di domeniche lavorative obbligatorie, ansia da prestazione, stipendio non adeguato...
Io ho lasciato quel posto di lavoro già diversi anni fa,molto prima dello sfascio finale, proprio perchè le caratteristiche del decadimento sia finanziario sia di rapporto umano erano già evidenti:le bugie a 180 gradi,la totale mancanza
di chiarezza e del rispetto delle esigenze dei dipendenti e clienti non potevano che portare a quell'unico finale che, però, ha avuto il tragico esito di lasciare a casa, cornute e mazziate, centinaia di persone spesso con famiglia.
Paradossalmente,secondo me, quello non è neanche stato il peggio: la cosa più orrenda è stata mettere delle persone normalissime e mediamente oneste,che chiedevano solo di lavorare, nelle condizioni di fare un gioco così sporco che mai avrebbero immaginato, di diventare dei mostri, dei collusi, dei disperati da “mors tua vita mea” nei confronti di altre persone altrettanto normali ed oneste che hanno avuto la sventura di rivolgersi proprio a quell'azienda lì.
I due grandi capi vivono nella mia città: conoscevo i figli, le fidanzate; so come vivevano, dove e come andavano in vacanza, quali erano le loro auto.
Davvero per la barca, la villa, la Versilia, la Mercedes valeva la pena sfruttare la buona fede dei loro dipendenti, in alcuni casi disprezzarli insultandoli pesantemente (ma per qualcuno di loro è sempre stata un'abitudine, anche in tempi meno sospetti),offendere la loro intelligenza, rovinare la vita dei loro stessi figli che mettevano le firme sui documenti importanti, giocare con le vite e i soldi delle persone?
La risposta è senza dubbio stata sì, altrimenti non avrebbero mai agito come hanno fatto; io molto più modestamente, ad un certo punto mi sono chiesta se valeva la pena non potermi permettere nessuna relazione personale, mai un weekend, mai le vacanze con gli amici, mai una scampagnata domenicale in cambio di uno stipendio, tra l'altro nemmeno strepitoso.
E' proprio da lì che è partito il vermicello del dubbio circa un paio di assunti che davo per scontati: il lavoro dipendente, la “sicurezza”, sì, ma a che prezzo? Il Primo mondo,il nostro modo di vivere, la nostra cultura, davvero si riduce solo a questo? E' questo "l'essere uomini'" che vogliamo trasmettere alle generazioni più giovani? Se è così,davvero preferisco essere un animale.

In questo momento sono in viaggio: altre scelte successive forse non sono state e non saranno azzeccate né felici; di sicuro ci vorrà ancora un po' prima di trovare la forma giusta per me, ma, almeno, la dimensione di ricerca l'ho trovata: al mattino mi guardo allo specchio e, anche se a volte tutto mi sembra molto difficile, almeno mi piace la faccia che vedo.

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