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domenica 29 giugno 2014

I say tomato

Bene, sono in Gallia da due anni e più, e linguisticamente parlando pensavo di essere messa benino.
In effetti, ormai capisco bene ciò che mi viene detto al telefono - e chiunque sia stato all'estero sa quanto sia difficile sostenere una conversazione telefonica in una lingua che non è la propria, senza l'aiuto della mimica facciale - così come capisco il telegiornale, la gran parte dei dialoghi dei telefilm, ed evidentemente il francese parlato quotidianamente, soprattutto quello dei parigini. La distinzione va fatta,perchè vivendo io nel Sud del paese,ho a che fare con un accento spesso e rugoso, ben diverso da quello dei nativi della capitale,che in generale sembrano tutti essere stati allevati a pane e Académie Française.

Ora : io lavoro presso uno studio dove i miei colleghi, tutti nativi della regione, chiaramente parlano quell'altro francese. Tragedia.

Sono una discreta conoscitrice della mia lingua madre, una a cui a sette anni fu regalato un Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari, che ama i congiuntivi, le perifrastiche  e le subordinate alle coordinate, e sono abituata a servirmi del linguaggio come arma di distruzione di massa. 
Mi serve per fare la buffona (più che altro), per conversare, vendere, sostenere tesi personali più o meno probabili, per baccagliare il sesso forte (per i non sabaudi, baccagliare è il termine piemontese che indica un certo tipo di allegra seduzione linguistico-comportamentale). 
Ripeto,tragedia in pausa pranzo.
Questi nuovi amici, intanto, si conoscono da un'eternità, e quindi hanno tutto un loro lessico familiare che sospetto potrebbe essere roccioso anche per altri galli non cresciuti alla loro scuola.
Non paghi, si mangiano le parole, inghiottono pezzi interi di frasi,s volazzano tra i c'est clair e gli impec, si inabissano in gorghi di suoni nasali.

Credo che potrei vivere la stessa esperienza se lavorassi che so, a Peschici o a Castellina Marittima, con la differenza però che potrei attingere all'intuito e all'esperienza che derivano dall'utilizzo di una lingua comune.


Qua, invece, e questo mi fa imbufalire, mi tocca rallentare alla grande la mia famosa lingua a rasoio e relativa velocità di risposta e rilancio, perchè il processo generale si fa necessariamente macchinoso: comprensione (e non è affatto ovvio); traduzione; eventuale ricerca nei cassetti della mente di sinonimi e contrari, appunto, per parole che non conosco,porco cane, mentre me ne saltano alla mente quattrocentosei che sarebbero perfette alla bisogna se solo stessimo parlando in fottutissimo italiano; eventuale rimaneggiamento della frase e abnorme utilizzo della perifrasi, e alla fine, vivaddio, risposta. 

Capite bene che questa roba appesantisce un briciolino la qualità e la freschezza del mio eloquio, col risultato che spesso non dico un bel niente, cosa che mi fa sentire alquanto imbecille e molto, molto frustrata.
Mi sento un po' un fantino senza cavallo, un musicista sordo, un cuoco senza pentole. Ma, soprattutto, non riesco a far capire chi sono. Che magari, in certe situazioni, può essere un vantaggio, ma in realtà non mi permette di far passare un miliardo e mezzo di messaggi che sono necessari se si ambisce a far parte di un gruppo. 

Magari succederà anche a me come a Banderas nel Tredicesimo Guerriero. 
A forza di ascoltare,uscirò nel bel mezzo di una conversazione che mi riguarda, rispondendo a tono in perfetto norvegese antico.


2 commenti:

  1. Più o meno succede lo stesso a me quando parlo al telefono con mio cugino e famiglia...solo che al telefono è ovviamente ancora peggio! :D
    Chissà se è una cosa tipica della provincia francese (loro sono provenzali trasferiti da molti anni in Bretagna...)?
    Comunque coraggio, non mollare!

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    1. No che non mollo, Anche perchè se no che faccio, sto zitta a oltranza o parlo solo di lavoro?

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