Lo so, lo so, é da tanto, tantissimo che non scrivo.
Non dovrei comportarmi cosi',se fossi una blogger seria, ma non lo sono: io scrivo solo quando ho qualcosa da dire.
E poi c’è stato tutto il bordello con Al, ed in questi mesi i miei pensieri pesanti convergevano li’: un certo pudore non mi ha permesso di scriverne se non per coloro che mi conoscono di persona.
Non me ne vogliano i miei due lettori del Rapanello , è che per certe cose non sono brava a purificare il dolore urbi et orbi, ho bisogno dell’abbraccio, sia pure a distanza, dei miei amici, di coloro che conoscono tutto il vissuto, alcuni di loro praticamente dall’inizio, fino a risalire all’adolescenza; insomma, è un'azione liberatoria riservata un po'borderline.
Ecco,non riesco a farlo in mezzo alla strada davanti a chiunque.
Quindi, tornando nel fantastico mondo del Rapanello Azzurro - mi sa che cambiero’ nome al blog, assimilandomi al colore della costa dalla quale il vostro umile ortaggio scrive - non ho spunti particolarmente interessanti da sottoporvi; sono un po’, come dire inebetita, al rallentatore, leggermente tumefatta. La cosa che mi viene meglio, negli ultimi tempi, è dormire: fatico, fatico orribilmente nella giungla dei rapporti umani ,delle culture non condivise e della vita pratica. Non tanto nel fare o dire le cose, ma nel cogliere i non detti, o i troppo detti, o quello che per Loro (i Galli) è scontato, e per me no; insomma un Sisifo in gonnella - per inciso, un mito degno di una telenovela sudamericana.
Quindi, dato che in questo periodo mi sento la persona sbagliata al posto sbagliato, dormo.
Non so se succede anche voi, ma io faccio dei sogni strepitosi.
Scene coloratissime in posti fantastici, con una natura selvaggia o metropoli vibranti. Vivo una vita parallela fatta di viaggi, di spostamenti, di treni, autobus e ascensori. Per chi già stesse malignamente insinuando che c’è del malizioso in tutto cio’, per la precisione non sogno aerei al decollo; in quel piano di consapevolezza ,pero’, effettivamente sono always on the move.
Come se la mia vita non fosse già fin troppo movimentata, se la confronto con quella di un sacco di persone che conosco. Persone che fanno placidamente lo stesso lavoro da trent’anni, vivono con lo stesso partner da venti, passano vacanze e momenti di relax con amici conosciuti a scuola o addirittura con i propri familiari, che, ça va sans dire, evidentemente frequentano piu’ o meno dalla nascita.
Li invidio. Tantissimo.
L’ortaggio,qui, avrà cambiato tipo venti volte lavoro, avuto un discreto numero di fidanzati piu’ o meno riusciti (ma, spezzando una lancia, due amori grandi, ad oggi), traslocato almeno sei volte negli ultimi vent'anni.
E non si da’ pace dal non riuscire a trovare uno straccio di centro di gravità permanente. Anzi, con l’età peggioro, riesco sempre meno a vedermi in un posto per piu’ di due o tre anni, l’insofferenza monta nei confronti di coloro che hanno legami non tanto di coppia, quanto piuttosto di tipo genitoresco.
Qua,poi, tutte le donne passano il meglio dell’età fertile tenendo ‘a panza dai venti ai trent’anni, guidando trenini di carrozzine e pascolando moltitudini di figli, tenendo conversazioni piu’ o meno a senso unico sull’argomento bambini, pianificando tutta la loro vita intorno ai bassotti, passando dallo stato di madri,multimadri, madri di figli ado, e ribaltandosi con gioia nella nonnitudine a cinquant’anni. Tutto cio’ senza un’ombra dell’italica tendenza al godere del martirio, al contrario:in totale souplesse. Io mi aggiro tra di loro, saltando le carrozzine e circumnavigando le biciclettine, col dente avvelenato e la carogna in corpo.
Sia chiaro: a me i bambini piacciono, e i ragazzini mi sono simpatici.
E' l'atteggiamento di un certo tipo di madre che mi fa lun brutto effetto: quella
che ha segnato un goal, raggiunto uno status, centrato un bersaglio.
Quella che a ogni figlio prodotto ti dà il cinque.
Mi si trasforma in un sottile ma resistentissimo laccio attorcigliato attorno alla carotide.
Sarà l'espressione di cio" che ho vissuto da figlia, chi lo sa.
Sia detto senza alcuna acredine ma con grande sincerità: io soffoco.
Gna fo’. Io devo andare.
Saro’ contro natura? Pazza? Zitellissima?
Puo’ essere, ma io, forse in pieno climaterio, penso solo a risparmiare per andare a New York. O in Danimarca. O in Australia. Mi sono iscritta a un corso di flamenco per scaricare un po’ di vitalità compressa. Non vedo l’ora di andare in pensione, sperando di essere ancora funzionante sia di corpo sia di meninge, per fare un milione di robe che non hanno per niente a vedere con la stabilità. Mi vien solo da pensare a come mi piacerebbe cucinare un brasato coi funghi per i miei amici. A fare un giro in moto (non guido io, eh?portatemi).
A comprarmi delle Louboutin - chi mi legge su Facebook abbia pazienza, sono un po’in fissa con queste scarpe - o una borsa di Chanel.
Non molto decrescente, come proposito,ma dovete scusarmi, devo essere qualche tipo di adolescente attempata.
E non credo proprio di essere guaribile, no. Auguri, Rapanello.
Bentornata! Non vedevo l'ora di leggerti di nuovo :)
RispondiEliminaGrazie! spero di non aver troppo straparlato ;-)
EliminaIhih! No, affatto! :)
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